lunedì 16 novembre 2009

Milano, così gli imprenditori favoriscono la 'ndrangheta

La ’Ndrangheta che conquista Milano arriva fino in via Montenapoleone, ai piani alti di un meraviglioso palazzo d’epoca al numero 27. Qui fino a pochi mesi fa aveva sede la Kreiamo spa, agenzia immobiliare da oltre un milione di euro di fatturato l’anno. Socio di maggioranza è Alfredo Iorio, figlio di quell’Achille Io-rio, morto nel 2008, e fino ad allora capogruppo di Forza Italia nel Consiglio comunale di Cesano Boscone, paese a sud della città. Prima di allora, lo stesso Achille Iorio, origini calabresi, avrebbe favorito il passaggio del denaro della ’Ndrangheta proprio nella Kreiamo. Nel 2006, infatti, i figli Andrea e Alfredo diventano soci della Io-rio Immobiliare. Questa l’ultima denominazione societaria, perché prima si chiamava Sa. Fran con amministratore unico Serafina Papalia, moglie di Salvatore Barbaro, imputato per associazione mafiosa nel processo Cerberus, e soprattutto figlia del superboss della ’Ndrangheta Rocco Papalia. Oggi la Iorio Immobiliare è diventata Kreiamo.L’inquietante intreccio societario emerge dalla carte dell’operazione “Parco sud” che ieri ha portato all’arresto di 15 persone, tra cui lo stesso Alfredo Io-rio e Andrea Madaffari, vicepresidente di Kreiamo. Nel decreto di fermo compare anche un perito del tribunale che per conto del clan Barbaro avrebbe favorito una compravendita immobiliare.
Affari e mafia, dunque. Un mix sedimentato nella zona a sud di Milano. “Qui – scrive il gip Giuseppe Gennari nella sua ordinanza – gli operatori economici del settore edilizio e movimento terra sanno che devono tenere presente certi equilibri, che ad alcune persone non si possono dare risposte negative”. E ancora: “Chi sbaglia a muoversi ne subisce le conseguenze e lo fa rigorosamente in silenzio”. Perché “la vittima tipo ha chiari sospetti, ma si guarda bene dall’esternare queste idee alle forze dell’ordine”. Ecco allora una prima disarmante conclusione: “Anche in alcune aree metropolitane della civilissima capitale lombarda è assai viva una presenza che fa ombra all’autorità dello Stato”. Una linea della durezza rilanciata ieri dalla dottoressa Ilda Boccassini, capo del nuovo Pool antimafia di Milano. “L’imprenditore che non denuncia – ha detto – si mette contro lo Stato”.
La posizione della Procura è giustificata dalle oltre ducento pagine di ordinanza dove si racconta di imprenditori minacciati che scelgono il silenzio. Decisiva, quella di Salvatore Sansone che il 28 luglio 2008 si ritrovò la sua agenzia immobiliare completamente bruciata. Sentito sul posto disse: “Sappiamo chi è stato, me lo aspettavo”. Ma alle successive domande dei carabinieri, scrive il gip, “tentò subito di minimizzare negando le precedenti dichiarazioni”.
C’è di più. Le intimidazioni della ’Ndrangheta arrivano fin dentro le aule di giustizia. Durante le pause delle udienze delprocesso Cerberus contro Salvatore Barbaro, più di una volta Antonio Perre, classe ’84, boss emergente, sfuggito ieri alla cattura, ha avvicinato i teste dell’accusa per costringerli a ritrattare. Fatto poi puntualmente avvenuto, come conferma il pm Alessandra Dolci, titolare dell’indagine.
Oltre ad Antonio Perre, detto “u cainu”, agli investigatori ieri è sfuggito un altro pezzo da novanta. Si tratta di Domenico Papalia, classe ’83, figlio del boss Antonio Papalia. “Imprendibile – dice la Dolci – non dorme più di tre giorni nella stessa casa, non usa cellulari e ci ha scoperto due microspie”. Lui, che recentemente si è sposato con una ragazza legata ai clan di San Luca, è il vero referente della ’Ndrangheta al nord. E come tale dispone di una forte rete di fiancheggiatori. Attualmente è residente in via Vivaldi a Buccinasco. Bazzicarci per più di una volta significa essere affiancati da due auto, seguiti, scrutati e accompagnati fuori dal paese. In questa zona la rete mafiosa della cosca Barbaro-Papalia è tanto forte da dare appoggio anche ai latitanti. E’ il caso di Paolo Sergi di Platì trovato l’8 giugno 2008 in un appartamento in via Caduti ad Assago. In un box della stessa via, circa un mese prima, sono state scoperte diverse armi tra cui kalashnikov, fucili a canne mozze e bombe a mano. Una vera santabarbara che la cosca, capeggiata da Salvatore Barbaro e Domenico Papalia, testava nei cantieri del movimento terra. A testimoniarlo alcune intercettazioni ambientali.

di Davide Milosa, «Il Fatto quotidiano», 4 novembre 2009

Nessun commento:

Posta un commento