sabato 21 novembre 2009

La Merkel investe nella ricerca. Un bello schiaffo all’Italia

Il governo di centro-destra di Angela Merkel ha reso noto il suo programma di legislatura per la ricerca e l’alta educazione: più 5% di aumento ogni anno fino al 2015 per i finanziamenti ai due grandi centri di ricerca statali, la Max Planck Society e il DFG (Deutsche Forschungsgemeinschaft), più 7,7 miliardi più 5 miliardi di euro, nuovi e aggiuntivi, per le università, dal 2011 al 2015 di cui 5 miliardi per lo sviluppo generale e 2,7 miliardi dedicati all’”Iniziativa per l’Eccellenza”, e infine 14,6 miliardi di euro per lo sviluppo dell’alta tecnologia nei settori considerati strategici: energia, clima, salute e sicurezza. Per uscire dalla crisi, dunque, la Germania punta sul «pacchetto conoscenza»: più scienza e più formazione. Il programma è davvero significativo per almeno tre motivi. Primo: viene al termine di un anno in cui, malgrado la recessione, gli investimenti del governo federale in scienza e sviluppo sono cresciuti del 10%. Secondo, ripropongono tal quale il programma del precedente governo di centro-sinistra, guidato dalla stessa Angela Merkel: una continuità che dimostra come la scienza e l’alta educazione siano una scelta strategica malgrado l’alternarsi dei governi. Terzo: il programma punta, come in Italia, sulla valorizzazione del merito, a Berlino non è sostenuta solo dalle parole e dalle norme, ma da investimenti concreti. Due aspetti particolari colpiscono. Il primo riguarda l’«Iniziativa per l’eccellenza», ovvero il tentativo di premiare le università che fanno meglio. Finora l’iniziativa ha potuto contare su una fase pilota di tre anni, finanziata con 30 milioni di euro l’anno, che ha dato lavoro a 4.200 ricercatori, per la gran parte giovani, di cui il 40% donne e il 25% provenienti dall’estero (molti dall’Italia). Un altro aspetto riguarda l’alta tecnologia. Gran parte degli investimenti in ricerca ha riguardato il settore dell’energia rinnovabile. Con un successo: in dieci anni le fonti rinnovabili sono passate dal 6 al 17% del totale.

di Pietro Greco, «l'Unità», 16 novembre 2009

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